Sono Luciana Costa Gianello, vivo a Vicenza, in Italia, sono sposata
e ho tre figlie.
Mi avvicinai all'arte tessile nel 1978 quando vidi un arazzo di Renata Bonfanti: fu una sorta di folgorazione!
Feci un corso base di tessitura a Padova, poi vari stages a Milano ed in Toscana, corsi di design tessile in Friuli, sperimentando nel frattempo e realizzando tessuti per giacche, cinture, borse. La mia passione diventava, con il fare, via via più appagante.
Successivamente cominciai una sperimentazione nel campo dell'arazzo, ma nelle mie opere era evidente l'influenza della mia insegnante: non riuscivo a trovare un linguaggio nuovo e personale.
Nel 1986 contribuii alla costituzione e organizzazione del Centro Creativo Exodus, nato per il reinserimento nella società e nel lavoro di giovani con esperienze passate di droga e terrorismo. Tenni all'interno d i esso alcuni corsi di tessitura, come rappresentante del Centro presentai il progetto per una Rassegna d'Arte Tessile, che fu poi realizzata dal Comune di Vicenza con il nome di “Textilia”nel 1988 e nel 1991.
Divenuta membro del Segretariato Generale Textilia organizzai stages di tessitura, tintura Shibori, Ikat, textile design, patchwork e conferenze su svariati temi inerenti il “tessile”, con relatori molto qualificati e con la partecipazione di allievi da tutta Italia.
Nel 1988 divenni socia del CISST (Centro Italiano per lo Studio della Storia del Tessuto) Sezione Veneto.
Lavorare in quest'ambito mi gratificava e mi appassionava: l'interesse mi spingeva ad approfondire le mie conoscenze e lo studio di temi e tecniche diverse e a frequentare inoltre corsi di vario genere. Sperimentai così l'acquerello, il collage, la pittura antroposofica, l'incisione, la carta fatta a mano, il linguaggio delle forme e dei colori.
Attratta da un raro frammento di tessuto osservato al Museo del tessuto di Palazzo Mocenigo a Venezia, lavorato con la tecnica dello “Sforbiciato”, ovvero del “Taiado e Taiuzado”, in uso nel ‘500, come risulta da antichi documenti veneti, rielaborai questa tecnica che mi affascinava nella sua semplicità perché sentivo l'esigenza interiore di “togliere” anzichè “aggiungere” materia e colore alle mie composizioni. Fino ad allora avevo fatto del telaio e dei fili l'uso che un pittore fa della sua tavolozza, arricchendo le mie opere di colori e di materiali vari.
Applicai il risultato della nuova ricerca nella realizzazione di una casula (abito religioso), con la quale vinsi il secondo premio al primo concorso della mia vita.(Koinè – Vicenza – 1990)
La soddisfazione fu enorme e capii che avevo intrapreso la strada giusta.
Capii successivamente che non bastava rielaborare una tecnica, era importante scoprire come realizzarla, come trasferire un'immagine, una sensazione, un'idea, in un'opera concreta.
Se si ha un'idea, ma non i mezzi espressivi per realizzarla, i risultati sono deludenti: significa usare solo una tecnica, e non creare qualcosa di personale. Ho cominciato allora a pensare all'arte tessile come ad uno strumento di conoscenza e di cambiamento interiore che mi faceva vivere in armonia con il mondo. Sono andata a ricercare nelle mitologie, nei simboli, negli enigmi ricorrenti legati all'origine della cultura universale, motivi di riflessione.
E i colori nelle mie opere cambiarono: sentii l'esigenza di usare il bianco (“il bianco ha il suono di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere” V. Kandinskij).
Scoprii l'azzurro, “il colore più profondo e meno materiale, il mezzo delle verità, la trasparenza del vuoto compresso: nell'aria, nell'acqua, nel cristallo o diamante”.
Dopo un malessere fisico e psichico durato a lungo, provai la sofferenza del vuoto di creatività.
Negli ultimi anni il tema dell'identità e del dialogo interculturale mi appassionano; “Essere dov'è l'altro” è quanto mi suggerisce Emmanuel Levinas…